IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 2418/1986
 proposto dai dottori Giovanni Mirabile, Salvatore Piumaro', Francesco
 Del  Vecchio,  Mario  Guerrieri,  Giuseppe  Marras,  Gennaro  Fasani,
 Giuseppe Rubino e Aldo Campenni', tutti rappresentati e difesi  dagli
 avvocati   Giovanni   Di  Gioia  e  Giovanni  Battista  Petrocchi  ed
 elettivamente domiciliati presso lo studio del primo,  in  Roma,  via
 Pierluigi  da  Palestrina  n.  19,  contro  il  Ministero di grazia e
 giustizia, in persona del  Ministro  pro-tempore,  il  Ministero  del
 tesoro, in persona del Ministro pro-tempore, entrambi rappresentati e
 difesi dall'Avvocatura generale dello  Stato,  preso  la  quale  sono
 domiciliati ex lege, nonche' contro l'Ente nazionale di previdenza ed
 assistenza per i dipendenti dello Stato (E.N.P.A.S.) in  persona  del
 legale  rappresentante  pro-tempore,  non costituito in giudizio, per
 ottenere:
       a)  la  declaratoria  del diritto dei ricorrenti ad ottenere la
 corresponsione della indennita' di buonuscita determinata  computando
 anche  l'indennita'  integrativa  speciale,  con  conseguente obbligo
 dell'amministrazione  di  rideterminare  l'indennita'  di  buonuscita
 spettante ai ricorrenti;
       b) la condanna delle amministrazioni al pagamento in favore dei
 ricorrenti  delle  maggiori  somme  dovute,  oltre  la  rivalutazione
 monetaria  e  gli  interessi, decorrenti dalla data di cessazione del
 rapporto, con riferimento agli importi dovuti al lordo delle ritenute
 fiscali e previdenziali;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto di costituzione in giudizio del Ministero del tesoro
 e di quello di grazia e giustizia;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla  pubblica  udienza  del 3 giugno 1987 la relazione del
 consigliere Franco Bianchi ed uditi, altresi', gli avvocati Di  Gioia
 per   il   ricorrente   e   l'avv.   dello  Stato  Di  Carlo  per  le
 amministrazioni resistenti;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    I  ricorrenti,  tutti  magistrati di Cassazione collocati a riposo
 nel periodo tra il 1› luglio 1983 ed il luglio  1985,  con  l'attuale
 ricorso  hanno  richiesto  il  riconoscimento  del  loro  diritto  ad
 ottenere la  riliquidazione  dell'indennita'  di  buonuscita  con  il
 computo    dell'indennita'   integrativa   speciale,   con   condanna
 dell'amministrazione al pagamento delle maggiori somme  dovute  oltre
 rivalutazione monetaria ed interessi.
    A  fondamento  del  ricorso  hanno  dedotto  i  seguenti motivi di
 illegittimita':
      1)  violazione  dell'art. 1 della legge n. 324/1959 in relazione
 agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 ed all'art. 22 della  legge
 n. 160/1975.
    Ai  fini  della  determinazione  della  indennita' di "buonuscita"
 spettante ai dipendenti dello Stato - e, quindi, anche ai  ricorrenti
 -  deve  essere  computata anche l'indennita' integrativa speciale di
 cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324.
     L'art.  22,  secondo  comma, della legge n. 160/1975 ha disposto,
 infatti,  che  a  decorrere  dal  19   gennaio   1974,   l'indennita'
 integrativa  speciale  e'  da  considerarsi  tra  gli  elementi della
 retribuzione previsti dall'art. 12 della legge  n.  153/1969  per  il
 calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale.
    Tale  norma,  presenta  un contenuto innovativo autentico rispetto
 alla originaria disciplina istitutiva  della  indennita'  integrativa
 speciale,  che deve essere, pertanto, ritenuta o retribuzione ex art.
 38, primo comma, della legge n. 1032/1973) o indennita' utile ai fini
 del  trattamento  previdenziale ( ex art. 38, secondo comma, cit.) e,
 quindi, deve essere  in  ogni  caso  computata  nella  indennita'  di
 buonuscita.
    Ove,  poi,  si  volesse ritenere che le suindicate norme escludano
 l'indennita' integrativa speciale dal  computo  della  indennita'  di
 buonuscita E.N.P.A.S., le stesse sarebbero in contrasto con gli artt.
 3, 36 e 38  della  Costituzione,  come  hanno  gia'  ritenuto  taluni
 tribunali  amministrativi regionali, rimettendo la presente questione
 alla Corte costituzionale (t.a.r. Lazio, terza sezione, n. 347 del 30
 marzo 1985; t.a.r. Liguria n. 455 del 15 luglio 1985);
      2)  violazione  degli  artt.  1282  e  1224  del  codice civile,
 dell'art. 429 del c.p.c. e dei principi generali vigenti in  materia.
    L'indennita'   di   buonuscita   corrisposta   dall'E.N.P.A.S.  ha
 sostanziali caratteri di remunerazione del pubblico  dipendente,  sia
 pure   differita  alla  cessazione  del  rapporto,  come  e'  provato
 dall'evoluzione normativa in materia,  trattandosi  di  emolumento  a
 carattere   obbligatorio  da  versare  anche  a  favore  del  coniuge
 superstite  inre  successionis.  Le  somme  spettanti  a  titolo   di
 indennita'  di buonuscita dovranno essere pertanto rivalutate e su di
 esse applicati gli interessi.
    Ove   poi  si  ritenesse  che  il  principio  della  rivalutazione
 automatica  del  credito  non  trovi   applicazione   nei   confronti
 dell'indennita'  di  buonuscita  statale,  gli  artt. 1224 del codice
 civile e 429, terzo comma, del c.p.c. e 150 delle  disposizioni  att.
 del  c.p.c.  sarebbero in contrasto con gli artt. 3, 36, 38, 97, 24 e
 113  della  Costituzione,  come  gia'  ritenuto  dalla  ordinanza  di
 remissione del t.a.r. Liguria n. 455 del 15 luglio 1985;
      3)  illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del t.u. 29
 dicembre 1973, n. 1032 (cosi' come integrato dagli artt. 2 e 3  della
 legge n. 75/1980) per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    In   applicazione  delle  suindicate  norme  l'E.N.P.A.S.  liquida
 l'indennita' di buonuscita in misura pari ad un  dodicesimo  dell'80%
 dell'ultimo stipendio e delle altre indennita' previste, a differenza
 di quanto avviene per i dipendenti privati (artt.  2120  e  2121  del
 cod.  civ.)  e  per  i  dipendenti degli enti pubblici (art. 13 della
 legge n. 70/1975) in favore dei quali l'indennita' di fine rapporto e
 ragguagliata al 100% dell'ultima retribuzione.
    Tale  differenziato  trattamento  a  danno  dei dipendenti statali
 rende gli artt. 3 e 38 del  d.P.R.  n.  1032/1973  in  contrasto  con
 l'art. 3 della Costituzione.
    Per  questi  motivi  hanno  chiesto,  pertanto,  di volere, in via
 principale, accogliere le  avanzate  pretese  economiche  e,  in  via
 subordinata,  previa declaratoria di non manifesta infondatezza delle
 questioni di costituzionalita'  proposte,  rimettere  gli  atti  alla
 Corte  costituzionale,  con  tutte  le  conseguenze di legge anche in
 ordine alle spese, competenze ed onorari di lite.
    I  Ministeri  del  tesoro e di grazia e giustizia, costituitisi in
 giudizio col patrocinio dell'avvocatura dello Stato, hanno chiesto il
 rigetto dell'impugnativa.
    All'udienza del 3 giugno 1987, dopo la discussione orale, la causa
 e' stata spedita a sentenza.
                             D I R I T T O
    Con  l'attuale  giudizio  di  accertamento  -  proposto  da taluni
 magistrati di Cassazione collocati a riposo nel  periodo  tra  il  1›
 luglio  1983  ed il luglio 1985 - gli interessati azionano la pretesa
 patrimoniale volta ad ottenere:
       a)  la  riliquidazione  della  indennita'  di buonuscita con il
 computo della indennita' integrativa speciale;
       b)  la  corresponsione  della medesima indennita' di buonuscita
 maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria;
       c) la riliquidazione della predetta indennita' di buonuscita in
 base al 100% dell'ultima retribuzione e non  all'80%,  come  disposto
 dalla amministrazione.
    Con  separata  decisione,  questa  sezione ha respinto i primi due
 capi della domanda.
     La  disciplina  vigente  -  legge  27  maggio  1959, n. 324, come
 sostituita dalla legge 3 marzo 1969, n.  185  -  alla  stregua  della
 quale,    l'indennita'   integrativa   speciale   non   entra   nella
 determinazione dell'indennita' di buonuscita per i  dipendenti  dello
 Stato,   non   si   appalesa,   tuttavia,   immune  dal  sospetto  di
 incostituzionalita' sollevato dai ricorrenti, in via subordinata, con
 riguardo   ai   principi  sanciti  dagli  artt.  3,  36  e  38  della
 Costituzione, ove posta a raffronto con il diverso e piu'  favorevole
 regime  previsto  (per  il  personale  degli enti locali) dall'art. 3
 della legge 7 luglio 1980, n. 299,  il  quale  prevede,  infatti,  la
 computabilita' di detta indennita' integrativa speciale - sia pure in
 parte soltanto - nel calcolo della  indennita'  di  fine  servizio  a
 partire dal 1› luglio 1974.
    A  supporto  motivazionale  della non manifesta infondatezza della
 eccezione di illegittimita' costituzionale che  il  collegio  intende
 sollevare,    possono    essere   mutuate   le   piu'   significative
 argomentazioni dalle ordinanze di rinvio alla Corte emesse  da  altri
 giudici  sulla  medesima  questione  (t.a.r. Lazio, terza sezione, 30
 marzo 1985, n. 347; t.a.r. Liguria 15 luglio  1985,  n.  455;  t.a.r.
 Napoli, seconda sezione, 27 giugno 1984, n. 258).
    Va  osservato,  anzitutto, in proposito che l'indennita' premio di
 fine  servizio  spettante  al  personale  degli  enti   locali   alla
 cessazione  del  rapporto  (legge  8 marzo 1968, n. 152) non presenta
 sensibili differenze sul piano  strutturale  e  funzionale,  rispetto
 alla  indennita'  di buonuscita spettante al personale dello Stato in
 genere.
    Anzitutto,  in  entrambi  i  casi  la  misura  di quanto spetta e'
 calcolata prendendo  a  parametro  l'80%  del  trattamento  economico
 annuo: un quindicesimo della retribuzione per i dipendenti degli enti
 locali, art. 4  della  legge  n.  152/1969;  un  dodicesimo  per  gli
 statali,  artt.  3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 e art. 14 della legge
 n. 829/1973; ma qui la mozione di  riferimento  e'  lo  stipendio,  e
 quindi  piu'  ristretta  di  quella  fatta  propria  dalla  legge  n.
 152/1968, il che compensa la frazione piu' favorevole.
    In  entrambi  i  casi,  poi,  a  differenza  di quanto avviene per
 l'indennita' di anzianita' regolata dalle norme di  diritto  privato,
 gli interessati in costanza di rapporto sono soggetti a contribuzione
 ai  fini  del  trattamento  di  fine  rapporto,  per   tale   ragione
 espressamente   definito  di  previdenza:  art.  11  della  legge  n.
 152/1968; art. 37 del d.P.R. n. 1092/1973; art.  36  della  legge  n.
 829/1973.
    Ora,   non  v'e'  dubbio  che  nonostante  le  accennate  analogie
 strutturali e funzionali tra i due trattamenti di  fine  rapporto  si
 possa comunque, sul piano formale, allo scopo di non ritenere violato
 l'art. 3  della  Costituzione,  mettere  in  luce  talune  differenze
 esistenti tra i due corrispondenti rapporti d'impiego, non a caso per
 molti  decenni  regolati  sulla  base  di  normative  formalmente   e
 organizzativamente diverse e distinte.
    Senonche',  anche  a voler prescindere dall'emersione negli ultimi
 anni di una tendenza normativa  a  dare  unita'  all'ordinamento  del
 pubblico   impiego;  pur  nel  rispetto  delle  oggettive  differenze
 esistenti fra i singoli  comparti  (si  pensi,  soltanto  alla  legge
 quadro  29  marzo  1983,  n.  93, ed ai principi fondamentali in essa
 dettati in materia), la sezione ritiene di rilievo determinante,  nel
 senso   della   non   manifesta   infondatezza   della  questione  di
 costituzionalita' posta, sottolineare il presupposto che  ha  portato
 il legislatore del 1980 a emanare la disposizione di segno favorevole
 ai  dipendenti  degli  enti  locali,  ora  richiamata  per   invocare
 l'estensione a favore dei dipendenti statali.
    Tale  presupposto  e'  dato  dal  fatto che, come dispone l'art. 3
 della legge  n.  299/1980  cit.  a  decorrere  dal  1›  gennaio  1974
 l'indennita' integrativa speciale ex legge n. 324/1959 (quella stessa
 cioe' degli statali) corrisposta  ai  dipendenti  degli  enti  locali
 iscritti    all'I.N.A.D.E.L.,   e'   assoggettata   a   contribuzione
 previdenziale (nella misura massima maturata al 31 luglio 1977,  come
 si  desume  dal  rinvio alla legge 31 gennaio 1977, n. 91, che a tale
 data, a vari effetti aveva "congelato"  l'indennita'  di  contingenza
 dei lavoratori di diritto privato).
    Ora  tale  disposizione appare in tutto equivalente a quella, gia'
 vista, a suo tempo introdotta dall'art. 22 della legge n. 160/1975  e
 riguardante  il personale statale, ivi compreso quello ad ordinamento
 autonomo, e avente  effetto  sempre  dal  1›  gennaio  1974:  l'unica
 differenza  consistendo  -  il  che  e'  ovvio,  dato  il  momento di
 emanazione - nella mancata indicazione in detta legge n. 160/1975 del
 limite sopra visto: il tutto in apparente conferma, ancora una volta,
 di  una  ratio  legis  intesa  a  dare  sostanziale  unitarieta'   al
 trattamento   previdenziale  di  fine  rapporto  delle  categorie  di
 personale interessato (statali e dipendenti di enti locali).
    E'  proprio  da  tale assoggettamento a contribuzione della i.i.s.
 che il legislatore del 1980 inopinatamente fa derivare a  favore  del
 personale  iscritto  all'I.N.A.D.E.L. e collocato a riposo dopo il 31
 dicembre 1973, il diritto al computo della  medesima  nella  base  di
 calcolo    dell'indennita'    premio    di    servizio   ("in   forza
 dell'assoggettamento contributivo previsto nel comma precedente...").
    Di  conseguenza, quella che sembrava essere una misura perequativa
 nel trattamento previdenziale fra personali -  dello  Stato  e  degli
 enti  locali  -  tradizionalmente,  come si e' visto, destinatari per
 quel che  qui  interessa,  di  norme  di  contenuto  analogo,  si  e'
 tramutata  nell'attribuzione  ai  secondi  di  un beneficio viceversa
 costantemente negato ai primi.
    E  tale differenza si trattamento, gia' in quanto tale ab origine,
 a prescindere dalla quantificazione del  beneficio,  che  non  appare
 agevolmente  comprensibile  sul  piano  logico  e  razionale  proprio
 perche' segna un momento  di  stridente  rottura  in  una  tradizione
 normativa  ispirata ad una ratio perequatrice, appare oggi ancor piu'
 economicamente rilevante se si considera che la sopravvenuta legge 29
 maggio  1982,  n.  297,  art. 4, nono comma, ha abrogato il ricordato
 art. 1 della legge n. 91/1977 facendo venir meno il congelamento  ivi
 disposto,  e  recepito  dall'art.  3  della legge n. 299/1980, con la
 conseguenza che ora l'indennita' integrativa speciale, percepita  dai
 dipendenti  degli  enti locali, e' computabile nella sua interezza ai
 fini  del  calcolo  dell'indennita'   premio   di   servizio   (Corte
 costituzionale 18 novembre 1986, n. 236).
    Come   gia'  anticipato,  il  dubbio  di  costituzionalita'  delle
 disposizioni  normative  sopra  richiamate  si  pone,  oltre  che  in
 riferimento  al  principio  di  uguaglianza  di  cui all'art. 3 della
 Costituzione,  anche  in  termini  di  violazione  dei  principi   di
 imparzialita',  efficienza  e buon andamento di cui all'art. 97 della
 Costituzione, principi ai quali espressamente si  richiamano,  non  a
 caso,  gli  artt.  3  e 4 della legge quadro sul pubblico impiego (n.
 93/1983) non potendosi dubitare che anche la materia del  trattamento
 di  fine  rapporto  debba  ispirarsi  ai principi di omogeneizzazione
 delle posizioni giuridiche, di trasparenza dei trattamenti  economici
 e  di  efficienza della amministrazione, i quali costituiscono l'asse
 portante della nuova regolamentazione unitaria.
    Infine,  anche sul versante strettamente previdenziale - nel quale
 una recente pronuncia dell'ad.  plen.  del  Consiglio  di  Stato,  28
 gennaio   1985  n.  1,  ha  confermato  appartenere  l'indennita'  di
 buonuscita dei dipendenti statali - puo'  essere  apprezzata  la  non
 manifesta  infondatezza  della  sollevata  questione  di legittimita'
 costituzionale, in rapporto all'art. 38 della  Costituzione,  ove  si
 consideri   che  la  corresponsione  di  una  indennita'  una  tantum
 ragguagliata al solo valore nominale  della  retribuzione  tabellare,
 senza  alcun  meccanismo di indicizzazione, finisce per risolversi in
 una sostanziale vanificazione di quella funzione assistenziale  volta
 ad  assicurare  al  dipendente  adeguati  mezzi  di sostentamento nel
 periodo  intercorrente  tra  la  cessazione   dell'attivita'   e   la
 percezione  del  trattamento  pensionistico (t.a.r. Liguria 15 luglio
 1985, n. 455).
    In  conclusione,  sussistono i necessari presupposti per sollevare
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma,
 lett.  b),  della  legge  27  maggio  1959,  n.  324, come sostituito
 dall'art. 1 della legge 3 marzo 1960, n.  185,  nella  parte  in  cui
 esclude  la  computabilita' dell'indennita' integrativa speciale agli
 effetti della indennita' di buonuscita E.N.P.A.S., di cui beneficiano
 gli  impiegati  dello  Stato  all'atto  del  collocamento a riposo in
 relazione agli artt. 3, 38, secondo comma, e 97 della Costituzione.
    I  ricorrenti  hanno  altresi' sollevato questione di legittimita'
 costituzionale - in rapporto all'art. 3 della  Costituzione  -  degli
 artt.  3  e  38 del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1032 (cosi' come
 modificati dagli artt. 2 e 3 della legge 20 marzo 1980, n. 75)  nella
 parte  in  cui  liquidano  l'indennita'  di  buonuscita  al personale
 statale in ragione  dell'80%  dell'ultimo  stipendio  e  degli  altri
 assegni  ivi  menzionati,  a  differenza  di  quanto  avviene  per  i
 dipendenti privati (alla stregua degli artt. 2120 e 2121  del  codice
 civile)  e  per  i dipendenti di enti pubblici (ai sensi dell'art. 13
 della legge 20 marzo 1975, n. 70) in favore dei quali l'indennita' di
 fine   rapporto   e'   ragguagliata,   invece,  al  100%  dell'ultima
 retribuzione.
    La  sollevata  questione  appare  non  manifestamente infondata al
 collegio che la rimette, pertanto, alla Corte costituzionale.
    La   misura  dell'indennita'  di  fine  rapporto  stabilita  dalle
 richiamate disposizioni (artt. 3 e 38 del d.P.R.  n. 1032/1973,  come
 modificati  dagli  artt. 2 e 3 della legge n.  75/1980) che e' pari -
 si ripete - a tanti dodicesimi della  base  contributiva,  costituita
 dall'80%  dell'ultimo stipendio annuo, della tredicesima mensilita' e
 degli altri assegni menzionati nell'art. 38 cit. (tra i quali non  e'
 inclusa   l'indennita'   integrativa   speciale,   la   cui   mancata
 considerazione ha gia' indotto,  ex  se,  questo  stesso  collegio  a
 sollevare  autonoma questione di legittimita' costituzionale) risulta
 in effetti, deteriore rispetto a quella  corrisposta  agli  impiegati
 privati  ed  ai dipendenti di enti pubblici, che e' basata invoca sul
 100% dell'ultima retribuzione, computando in essa  ogni  compenso  di
 carattere   continuativo,   con   l'inclusione  della  indennita'  di
 contingenza.
    Il   collegio   non   ignora   la   giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale riguardo alla differente qualificazione  funzionale  e
 strutturale della indennita' di fine rapporto (sentenze nn. 46 del 10
 marzo 1983 e 82 del 19 giugno 1983)  cionondimeno,  reputa  priva  di
 adeguata  giustificazione  la  differenza  di  trattamento  sotto  il
 profilo  (della  misura)  sopra  menzionato,   attribuendo   decisiva
 rilevanza  alla circostanza che l'indennita' di fine servizio assume,
 ex se, una propria autonomia nell'ambito  del  trattamento  economico
 complessivo,   per   cui   appare  possibile  confrontarla  nei  vari
 ordinamenti  (pubblici  e  privati)  vigenti,   a   prescindere   dal
 trattamento economico di attivita' ed al sistema contributivo.
     In  conclusione,  agli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973, come
 integrati dagli artt. 2 e 3  della  legge  n.  75/1980,  sembrano  in
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui limitano
 all'80% dello stipendio annuo e delle altre  indennita'  previste  la
 base di calcolo della indennita' di buonuscita per i dipendenti dello
 Stato.